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“Omofobia”, in Svizzera trionfa la discriminazione

I cittadini che ritengono l’omosessualità sbagliata non avranno la possibilità di dirlo. Un abuso evidente

Marco Respinti di Marco Respinti
10/02/2020
in Editoriali
443
Reading Time: 4min read
0

Image from Pixabay

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La libertà diminuisce, il mondo è sempre più blindato. Ieri i cittadini svizzeri si sono espressi ad ampia maggioranza ‒ oltre il 63% ‒ a favore della proposta di legge che punirà le discriminazioni omofobiche.

Ora, il linguaggio è perfido. Nessuno minimamente sano di mente discriminerebbe altri sulla base di qualunque pretesa, razza, religione, sesso o gusti sessuali. Questo avviene solo negli Stati totalitari o fanatici, e per salutare la cosa con soddisfazione bisogna essere dei fautori del totalitarismo oppure dei fanatici. Ben altra cosa è invece ritenere che una cosa sia la discriminazione sessuale e un’altra i gusti sessuali. Di più: che il sesso sia una cosa e i gusti sessuali un’altra. Ancora di più: che il sesso e il gender di una persona coincidano, e che i gusti sessuali siano invece scelte soggettive, atteggiamenti, mode, costruzioni mentali e ideologie che possano e vadano giudicate, specialmente quando hanno rilevanza pubblica. Ai miei figli continuerò a insegnare che chi discrimina qualcun altro in ragione del suo essere maschio o femmina, od omosessuale, compie un abuso che non va tollerato tanto quanto continuerò a insegnare che l’omosessualità è sbagliata, magari persino un peccato, senza ovviamente avvertire la minima contraddizione fra le due cose. Non insegnerò mai ai miei figli a discriminare un omosessuale in ragione dell’orientamento sessuale di quella persona, ma continuerò a insegnare loro la libertà di ritenere moralmente sbagliata l’omosessualità. Non sono infatti un omofobo e non voglio che i miei figli crescano omofobi. Del resto, l’omofobia esiste?

Che cos’è, cioè, l’omofobia? Se è la discriminazione, persino il maltrattamento, di una persona in regione dei suoi gusti sessuali, si tratta di un caso specifico della discriminazione contro un essere umano, e come tale va impedita e punita. Ciò che rileva, infatti, non è il gusto sessuale della persona discriminata, come non rileva il colore della pelle, la verità della religione in cui crede o l’etnia cui appartiene un discriminato, ma il suo essere persona discriminata, persona cioè portatrice di diritti inviolabili che nessuno può discriminare proprio perché persona e come tale portatrice di diritti inalienabili. Pertanto nessuna persona omosessuale andrà discriminata per i suoi gusti sessuali proprio come nessuna persona dovrà mai essere discriminata per qualsiasi altra caratteristica. Nondimeno, chi è convinto che l’omosessualità sia sbagliata dovrà poter continuare a dirlo in piena libertà perché nessuno va discriminato, figurarsi chi dice che l’omosessualità è sbagliata.

Se invece per omofobia s’intende il giudizio negativo dato all’omosessualità si tratterebbe di un abuso grave, di un processo a intenzioni inesistenti, della criminalizzazione di una opinione, del bavaglio imposto alla libertà. Perché mai una persona omosessuale dev’essere libera di sbandierare, persino di propagandare l’omosessualità, e chi ritiene l’omosessualità sbagliata no?

In Svizzera ha vinto il bavaglio. Solo i cittadini svizzeri omosessuali godranno della piena libertà di fare e di dire quello che vogliono, laddove invece i cittadini svizzeri che ritengono l’omosessualità sbagliata non avranno la possibilità di dirlo. Un abuso evidente, ma che al mondo in cui viviamo piace sempre di più: un mondo sempre meno libero, sempre più discriminatorio.

Chi adesso si crogiola nella vittoria dice che il voto svizzero è una barriera eretta contro l’odio. È vero invece il contrario. La sicumera è la caratteristica proverbiale dei prepotenti, e anche il caso svizzero non fa eccezione. Perché mai dire che l’omosessualità è sbagliata, persino un peccato, sarebbe incitamento all’odio, laddove invece vituperare chi ha un’opinione diversa con parole-spavento come «omofobia» non dovrebbe essere considerato incitamento all’odio? Perché non è odio l’accusare i diversi da sé di oscurantismo, arretratezza, fanatismo, magari persino fascismo? Perché la difesa della libertà di cui tutti si riempiono la bocca deve ora comprendere solo quel che piace ad alcuni? Perché mai chi dicesse che l’omosessualità è sbagliata dovrebbe essere punito?

La libertà, o tutta o niente. Perché la comunità LGBT+, che bolla di omofobia le persone che la pensano diversamente soltanto perché la pensano diversamente, vuole imporre al mondo il dispotismo di una libertà decurtata? Perché ha paura che qualcuno possa essere libero di dire che l’omosessualità è sbagliata? Perché ha paura della libertà?

Io non temo affatto la libertà che una persona omosessuale ha di fare come crede. Temo invece l’illibertà di chi vuole imporre a me e alla mia famiglia un’idea, chi vuole restringere e comprimere la libertà, chi vuole imporre un pensiero unico. Temo il dogma e la chiesa: il dogma dell’uniformismo e la chiesa del conformismo. Ecco, vorrei che le persone omosessuali si battessero per il mio diritto di essere libero di criticare l’omosessualità esattamente come io riconosco la libertà degli omosessuali di essere persone libere e soggette di diritti inalienabili non coincidenti con una funzione sessuale, con una moda, con una costruzione mentale, con una ideologia, nemmeno con i propri desideri. Sarebbe un mondo più equo, ma ho il sospetto che non sia quello che spera chi, invece di confrontarsi sul campo delle idee, e magari dei dati, adopera il linguaggio dell’intimidazione, la scomunica, l’ostracismo, l’esilio, il rogo, invocando la polizia.

Non ho dati per dirlo, ma ho la sensazione che la maggior parte degli svizzeri che ha votato “sì” nel referendum di ieri lo abbia fatto pensando davvero di impedire la discriminazione delle persone omosessuali, che però nessuno invoca, ma in realtà soltanto restringendo lo spazio della libertà come vuole chi rifugge dal confronto.

Tags: LGBT+OmofobiaSvizzera
Marco Respinti

Marco Respinti

Marco Respinti è il direttore di International Family News. Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal (Mecosta, Michigan), è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal (L’Aia, Paesi Bassi). Membro del Comitato editoriale del periodico The European Conservative e del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief, è direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e, sul web, di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.

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